Quando si decide di acquistare semi di cannabis si può scoprire che essi vengono denominati in diversi modi. Un linguaggio estremamente vario che potrebbe mandare in confusione che per la prima volta si affaccia al mondo della ganja. Un mondo che per i meno esperti può sembrare anche piuttosto complicato.
Si parla di semi di cannabis femminizzati semplicemente perché solo dai semi femmina si possono sviluppare delle cime ricche di cannabinoidi come THC e CBD. Una tipologia di semi creati negli anni ‘90 e che ha rivoluzionato il mondo della coltivazione della cannabis.
Fino a qualche anno fa, chi decideva di coltivare una pianta di marijuana aveva il 50% di possibilità di avere un esemplare femmina, unico in grado di sviluppare cime ricche di cannabinoidi come THC e CBD. I maschi hanno delle sacche polliniche e devono restare vicino alle femmine sufficientemente a lungo per fecondarle e quindi per permettere la produzione di fiori.
Questo è il motivo per cui è indispensabile riconoscere i semi di piante femmine da quelle maschili. Negli anni ‘90 allora, ecco che vennero creati i semi di cannabis femminizzati e quindi geneticamente programmati per diventare esemplari femmine. Tali semi sono progettati per la produzione di piante fotoperiodiche e che quindi fioriscono in base alla luce a cui vengono esposti. Nella coltivazione indoor la cannabis fotoperiodica viene mantenuta in fase vegetativa fino a quando il coltivatore decide d’indurre la fioritura e procedere quindi alla raccolta cannabis.
I semi femminizzati sono in grado di produrre piante ricche di THC, tranne che la sativa, l’unica di cui è permessa la coltivazione in maniera legale e la poi vendita dei derivati. I consumatori a scopo ricreativo amano lo sballo, ma non è questo lo scopo con cui i prodotti legali vengono messi, oggi in commercio.
Centinaia sono gli ibridi femminizzati, ognuno di essi ha dei tratti distintivi semplici da riconoscere:
Coltivare semi di canapa femminizzati è molto semplice, ma questo non vuol dire che non si abbia bisogno di accorgimenti specifici per poter avere delle piante di qualità. La coltivazione può avvenire indoor od outdoor.
Nel primo caso è indispensabile andare a modificare il ciclo di luce/oscurità in maniera completamente manuale. Un’operazione che in genere è eseguita nel momento in cui le piante hanno raggiunto l’altezza adeguata, circa la metà della dimensione desiderata, perché esse durante la fase di fioritura tenderanno a crescere molto in verticale, quindi devono avere spazio sufficiente. Per indurre la fioritura il ciclo d’illuminazione richiede 12 ore di luce e 12 di buio. Troppe ore di buio simulano la stagione autunnale e inducono la pianta a fiorire.
Se invece si decide di procedere alla coltivazione della pianta di cannabis in spazi outdoor allora la pianta deve poter godere di un clima ottimale e deve essere coltivata nel giusto periodo dell’anno. Quindi i semi andranno piantati a primavera per poter poi raccogliere gli esemplari adulti in autunno.
Le tempistiche di crescita dipendono molto dalla varietà di pianta che si va a coltivare. Alcuni ceppi come l’indica cresce velocemente, nell’arco di 6 o 7 settimane al massimo. Mentre altre varietà richiedono il doppio del tempo. In un’unica grow room è possibile coltivare diverse varietà anche se occorre acquisire prima un certo livello di esperienza, per poter integrare al meglio fattori diversi per una buona crescita e sviluppo della pianta.
La temperatura ottimale è intorno ai 21 gradi, senza eccessive escursioni, nel caso in cui il clima non si rivela essere quello ottimale, si consiglia di coltivare le piante in un ambiente in cui è possibile controllare la temperatura. Controllare poi, anche l’umidità che non dovrebbe mai superare il 40/50%, annullando il rischio di muffa. Infine il terreno che dovrebbe essere ricco di sostanze nutritive, ma devono anche essere sufficientemente aerati e drenanti. In commercio è possibile comunque trovare dei terricci preconfezionati, adatti alla coltivazione della cannabis.
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