Le cannabis sativa e indica sono due delle tre diverse varietà di cannabis light esistenti al mondo. La sativa è conosciuta anche con il nome di “canapa utile” e, nel corso del tempo, è stata utilizzata in diversi settori per varie attività. Si tratta di una pianta antica, conosciuta sin dalla notte dei tempi, addirittura dall’era neolitica, e adatta a molteplici impieghi. Questo lo sapevano molto bene le popolazioni antiche che la utilizzavano abbondantemente per la semina dei campi. Coltivata dalla Cina all’India Settentrionale, era apprezzata per le molteplici qualità e proprietà pratiche e benefiche.
In Cina, ad esempio, era seminata e coltivata perché molto ricca di fibre e veniva impiegata molto spesso per trattamenti curativi e medici, o per preparare farmaci naturali. In India invece la sua diffusione è stata così massiccia, che la pianta ha assunto addirittura una connotazione sacra. In occidente invece arrivò molto più tardi, intorno al ‘700. L’occidente ebbe modo di conoscerla grazie all’espansione coloniale. Fu subito riconosciuta come una pianta dalle pregevoli qualità, assolutamente perfetta per realizzare prodotti tessili resistenti e durevoli al tempo e alle intemperie. Infatti, la sua fibra tessile, era impiegata per produrre corda e stoppa per le funi. Per quanto riguarda invece il lato “ricreativo” di questa pianta, è arrivato successivamente.
Quando si parla di cannabis sativa e indica si deve parlare in generale di cannabis. Si tratta di una pianta appartenente al genere delle angiosperme della famiglia Cannabaceae. Per quanto riguarda le varietà di questa pianta, esistono due diversi filoni di pensiero. Il primo sostiene che esista un’unica specie, cioè la cannabis sativa storicamente la più diffusa in occidente. Questa comprende a sua volta altre due sotto specie: la cannabis indica e la cannabis ruderalis.
Il secondo pensiero è invece quello che sostiene che sativa, indica e ruderalis, siano in realtà tre diverse specie a se stanti. Ovunque si trovi la verità, è indubbio che queste tre varietà presentano caratteristiche morfologiche ed origini leggermente diverse. Alla fine anche i prodotti che se ne ricava sono differenti.
Per capire meglio le differenze sostanziali tra cannabis sativa e indica bisogna prima conoscerne la morfologia. Partiamo dalla cannabis sativa. È una pianta erbacea a ciclo annuale. L’altezza raggiunta varia in base alla varietà coltivata, ma di solito si aggira in range compreso tra 1,5 mt e 6 mt. La pianta presenta un bel fusto eretto, ramificato, mentre le radici sono molto lunghe e profonde. La cannabis sativa produce fiori femmina e fiori maschi.
I fiori femminili sono le famose infiorescenze dalle quali si ricava, dopo un determinato procedimento, la cannabis light. Le infiorescenze sono di solito raccolte in gruppi, il cui numero varia da 2 a 6 elementi massimo. Si presentano nella forma di piccole, compatte e corte spighe verdastre (il colore comunque varia in base alla qualità e alla varietà). Anche il periodo di fioritura è variabile, a seconda sempre della specie coltivata.
Come abbiamo potuto vedere nell’articolo precedente: “CBD: conosciamo meglio il cannabidiolo”, le infiorescenze sono ricchissime si sostanze chimiche naturali. Se ne contano oltre 80. Tra queste una delle più note è la THC e al secondo posto troviamo il famoso e benefico CBD.
La cannabis (sativa e indica) ha origini davvero remote anche in Italia. Si stima che sia apparsa sulle nostre terre già 13.000 anni fa. Il primo ritrovamento di polline di cannabis risale addirittura all’11.000 a.C. e la zona del rilevamento è quella del Lago Albano, localizzato nella regione Lazio. Anche se vi sono tracce così remote in Italia, la sua coltivazione deve essere andata persa per moltissimo tempo. Infatti fu solo attorno al ‘700 che la pianta di canapa ricomparve sul territorio italiano, grazie alla forte espansione coloniale. Riconosciuta subito come pianta dalle molteplici virtù, gli italiani la impiegarono subito nell’industria e nel tessile. Ben presto comunque ci rendemmo conto che le sue proprietà andavano ben oltre.
Passiamo adesso alla seconda varietà (o sotto specie di cannabis sativa). Si tratta sempre di una pianta erbacea della famiglia delle cannabaceae. A crescita conclusa risulta molto più bassa rispetto alla sorella sativa. Infatti l’altezza massima che raggiunge si aggira solitamente attorno ai 2 metri. Inoltre, più che un albero, assomiglia di più ad un folto e florido cespuglio.
Adattissima alla coltivazione indoor, è una pianta particolarmente prolifera. Le sue piantagioni infatti risultano davvero abbondanti. La fase vegetativa è più lunga rispetto alla fioritura. Mentre i tempi di raccolta sono più limitati e quotati attorno ai 45-65 giorni al massimo.
La cannabis indica trae le sue origini nella catena montuosa Hindyu Kush situata tra India, Pakistan e Afghanistan. Come la sativa, produce anch’essa infiorescenze femminili dalle quali si ricava la famosa e ottima cannabis light commercializzata anche in Italia. Anche le sue infiorescenze sono particolarmente ricche di CBD, ma in proporzioni e livelli diversi rispetto alla sativa. Da specie a specie quindi varia il contenuto di CBD e di conseguenza anche i relativi effetti benefici e le proprietà terapeutiche.
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